giovedì 3 aprile 2014

I consumatori e la fiducia - commenti di Fabio Godano

Puntualmente da diversi mesi a questa parte nelle disamine sulla crisi firmate da più o meno illustri commentatori compare come un mantra il concetto della fiducia. Non c’è fiducia di qua, manca fiducia di là. Ma il nostro settore, a partire dai direttori generali, dai direttori commerciali delle industrie e prima ancora dagli imprenditori del trade, ha mai avuto tempo di riflettere su cosa questa significhi sul serio nel dialogo con i clienti finali?

PORTAFOGLI CHIUSI
Noi siamo convinti di no, perché altrimenti qualcosa (o forse molto) sarebbe cambiato nel linguaggio utilizzato. Proviamo a spiegarci. E partiamo da dati di fatto incontestabili. Il primo dei quali è sicuramente il generale crollo dei consumi, presentato di solito in abbinata con l’allargamento della fascia di coloro che vedono ridursi i soldi a disposizione. A questo punto, però, bisogna muoversi con circospezione. Prima di tutto perché italiani in reali difficoltà economiche restano comunque una minoranza (che si allarga, beninteso) e dunque la diminuzione degli acquisti può trovare in essa il principale colpevole.
Ed è qui che entra in scena la fiducia. Deficit di fiducia non significa essere privi dei soldi per comprare ciò che si desidera bensì timore che il peggio debba ancora venire e che dunque sia consigliabile tenere il
Portafogli rigidamente chiuso in attesa di tempi migliori. A questo punto il ruolo del negoziante quale deve essere? Attendere che arrivino tempi migliori e nel frattempo aver portato i libri in tribunale? Sparare a raffica operazioni promozionali dove si regalano gli elettrodomestici (è già successo) dando per scontato che siamo tutti alla canna del gas, con risultati non molto diversi? Oppure sperimentare nuovi linguaggi verso ¡ consumatori, provando a mettersi nei loro panni e in loro infondere un po’ di fiducia? Quest’ultima strada e difficile, certo. Impossibile, no.
Bisogna cambiare mentalità, tornare a quella dimensione di “servizio” che probabilmente era più radicata anni fa. Servizio vuol dire disponibilità ad ascoltare il consumatore, capacità di comprensione e competenza nel proporgli la soluzione migliore. Significa destinare almeno parte dei tanti contributi che si chiedono ai fornitori a investimenti a beneficio dei consumatori.
Il primo che ci viene in mente è per formare addetti più numerosi, gentili e competenti. Non stiamo parlando della luna ma di cose minime per riaccendere un barlume di rapporto fiduciario tra cliente e negozio. Il primo passo, però, da compiere è superare il pregiudizio secondo il quale la povertà sarebbe dilagante. In queste pagine pubblichiamo alcuni dati, comparsi sul Sole 24 Ore (fonte affidabile, dunque) nelle settimane scorse, che non sono riusciti a trovare spazio nei servizi di apertura dei telegiornali nazionali ma che offrono spunti di riflessione da cui non si può prescindere.


ENORME EVASIONE FISCALE
Sono stati messi a confronto i depositi bancari dei cittadini dei Paesi più in difficoltà nella Ue. Alla fine del 2012, i depositi dei nostri connazionali sono risultati gli unici ad aumentare; tutti gli altri hanno segnato una diminuzione. Secondo dato. Si è elaborata l’evoluzione del rapporto tra la spesa in consumi e reddito delle famiglie italiane dal 2004 al 2011 (vero, manca il 2012). Ebbene, ciò che è stato speso in consumi ha sempre superato il reddito dichiarato per una cifra non propriamente trascurabile, ruotiamo attorno al 20 per cento. Domanda a chi legge: se voi, per quasi 10 anni, aveste speso ben oltre quanto incassato, ora dove sareste? Chi scrive non ha dubbi: sotto un ponte. Se questo è vero, come interpretare le cifre? Si potrebbe rispondere che ci siamo indebitati, ma in realtà le famiglie italiane rimangono tra le meno esposte d’Europa. Oppure si potrebbe azzardare che abbiamo intaccato i risparmi, ma proprio i dati di prima smentiscono in modo palmare questo scenario. A nostro avviso rimane una terza, e decisiva, spiegazione sulla quale evitiamo qualsiasi valutazione morale: una evasione fiscale di dimensioni colossali. La conclusione è che il vero problema è convincere gli italiani a spendere un po’ di più. Il linguaggio utilizzato nel mercato dell’eldom verso i consumatori non agevola a centrare questo obiettivo.


ATTENTI AL DE PROFUNDIS
I consumatori hanno altre esigenze rispetto a quella del prezzo basso. Se io ho i soldi ma ho paura del futuro, per mille ragioni, e mi trovo nella situazione di comprare un elettrodomestico, sono portato non a spendere poco a tutti i costi ma a spendere bene a tutti i costi. Per spendere bene significa confrontare qualità e prezzo. Su quest’ultimo ho tantissime informazioni e sollecitazioni, spesso a sproposito, sulla prima quasi nessuna. Se a questo aggiungo negozi poco curati, il cerchio si chiude.
Col de profundis, però.


MANTENERE I NERVI SALDI E PUNTARE SULLA QUANTITA’
“La crisi non contiene in sé solo aspetti negativi, ma anche opportunità”. A sostenerlo è Fabio Godano, direttore commerciale di Unieuro.
“I nervi vanno tenuti saldi anche se le difficoltà generali sono oggettivamente pesanti. E bisogna ricorrere alla qualità declinata in tanti modi”, continua Fabio Godano, “qualità significa vedere meglio e avere commessi nei negozi capaci di garantire ai consumatori la più soddisfacente esperienza d’acquisto, compatibilmente con i soldi a disposizione”.


 

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